In questi giorni di terribile caldo afoso c’è forse qualcosa di più fresco, saporito, dietetico di una fresella con pomodorini freschi a pezzetti, olio extravergine d’oliva, origano, olive nere, olive bianche, tonno oppure alici salate? Assolutamente no, a mio convintissimo parere. Anzi, vi confesso che adoro così tanto la fresella, che la mangio anche d’inverno almeno una volta a settimana. Secca e quindi facilmente trasportabile a lavoro, al mare o in gita, praticamente senza grassi e quindi indicata per mantenere la linea, la fresella una vola spugnata, può essere condita con tutto ciò che si vuole, da un alimento semplicissimo a qualcosa di più elaborato. Prodotta principalmente in Puglia, ci sono sue testimonianze in Campania già a partire dal 1300. Di lei rimane l’eco nelle voci dei venditori ambulanti. A Napoli le freselle le vendeva il “tarallaro”, che batteva incessantemente le strade della città coi suoi mitici taralli “nzogna e pepe” contenuti entro una grande sporta, e tenuti in caldo da una coperta. Spesso si portava appresso anche un po’ di freselle. Intorno al 1870 questo era il grido del tarallaro: “pe ve scarfà lo stomaco in chesta piattella, cotiche cu freselle ognuno sta a magnà!” Cibo per lo stomaco del popolo, la fresella è perciò presente nella lingua del popolo: il dialetto. E proprio in dialetto la citano due grandi della poesia napoletana, Salvatore Di Giacomo e Ferdinando Russo. A segnalare la familiarità dei napoletani con la fresella, a Napoli questo termine passò, nei secoli scorsi, ad indicare le percosse (‘e mazzate”), e l’organo sessuale femminile (“Chella guagliona teneva sotto na fresella….”) . Ma qual è l’origine del termine? In realtà non ci sono certezze. Non derive né da “fresa”, parola nata molto dopo, né da “fresillo”, napoletano di nastrino. Insomma non si sa, anche se alcune interpretazioni sono affascinanti. Come quella che vuole il termine derivare da “frisoles”, che in spagnolo vuol dire fagioli, correlazione all’acqua dei fagioli con cui un tempo – soprattutto i marinai – erano soliti spugnarla. La tesi più accreditata in realtà un legame con il latino “frendere”, che vuol dire macinare, pestare, stritolare, data appunto la sua natura friabile quando è ancora secca”.
Fonti: www.freselle.it e www. napolitoday.it