Amici e conoscenti cari , consentimi un paio di considerazioni sul voto francese, non per accreditarmi come commentatore politico di fatti internazionali, ma perché offre spunti di riflessioni assai interessanti per la nostra realtà politica nazionale e locale. Emmanuel Macron , il giovane, affascinante, rassicurante, intuitivo, scaltro vincitore delle presidenziali francesi di domenica scorsa non mi entusiasma, ma Marine Le Pen era invotabile. La dama in nero, che bene farebbe non solo a cambiare il nome del partito ma anche a lasciare il testimone alla nipote, è scesa in campo con un programma ripugnante, ha scopiazzato il discorso di Fillon per accattivarsi l’elettorato di centro destra e si è presentata troppo astiosa, rabbiosa, arrogante durante i confronti televisivi. Tornando a Macron , sarà stato strategicamente vincente non fornire ricette precise all’ elettorato ed apparire equidistante da tutto e tutti, ma a me per tutta la campagna elettorale ha dato l’impressione di un equilibrista circense sia per quanto concerne la collocazione politica che le scelte per il suo Paese. A tutt’oggi , non ho capito se è di destra, sinistra, centro , liberale e soprattutto cosa vuol fare della Francia, al di là degli splendidi proclami e slogan. Comunque, staremo a vedere e mi auguro che faccia cose buone e giuste per la Francia e l’Europa. Un ultimo pensiero va al disastroso Holllande : avrà tutte le colpe di questo mondo, ma chi lo circondava non brillava, almeno in fatto di coerenza. Dopo il suo ex ministro dell’ economia, oggi presidente, sorprende che anche tanti altri compagni socialisti tra cui il suo ex premier abbandonino il partito per abbracciare il nuovo uomo forte. Il simpatico Luca Barbareschi avrebbe un bel po’ di soggetti e materiale per una riedizione de “C’eravamo tanto amati”. Pertanto, suggerisco ai politici più accorti di circondarsi anche di persone dal grande spessore umano, con buone capacità culturali, critiche e leali. Concludo con un sorrisino alle dichiarazioni di qualche insigne giornalista secondo cui Macron ha vinto perché Trump sta ponendo in crisi i populismi.