Da qualche settimana sto mangiando di meno, non per l’avvicinarsi della prova costume, ma in quanto rischio di trasformarmi presto in un bidone di pomodoro con una sfilza di patologie. Fortunatamente non mi costa tanto rinunciare al cibo, ho un particolare debole per il salato ( rusticini, tortano, panino napoletano), però ai dolci alla crema pasticcera non so dire di no. Pensate che ovunque mi trovi in un bar, ristorante o pasticceria, appena intravedo dalla vetrinetta un bignè, una pasta oppure una torta alla crema pasticcera, l’istinto divoratore prende il sopravvento e devo immediatamente soddisfarlo. Non vi meraviglierete, dunque, che il mio dolce preferito è la zeppola di San Giuseppe strapiena dentro e fuori di crema pasticcera. Con il nome di zeppola (chiamata ‘a zeppola o zéppele) si indica un dolce tipico della tradizione pasticcera italiana che è preparato con modalità leggermente diverse nelle varie regioni. Dalle nostre parti, ad esempio, è un dolce tipico caratteristico della festa di San Giuseppe ed è perciò detta zeppola di San Giuseppe, in altre zone è invece un dolce carnevalesco. Sulle sue origini si narrano storie assi suggestive tra storia e tradizione. Si dice secondo la tradizione, infatti, che dopo la fuga in Egitto con Maria e Gesù, San Giuseppe dovette vendere frittelle per poter mantenere la famiglia in terra straniera e, per questo motivo, i romani gli diedero il simpatico appellativo di “frittellaro”. Altri optano , invece, per l’origine storica: nell’antica Roma il 17 marzo si celebravano le Liberalia”, feste in onore delle divinità del vino e del grano. Per omaggiare Bacco e Sileno, precettore e compagno di gozzoviglie del dio, il vino scorreva a fiumi: per ingraziarsi le divinità del grano si friggevano frittelle di frumento. Nella sua versione attuale la zeppola di San Giuseppe, molto popolare nella zona vesuviana e un tempo era preparata direttamente nelle strade, non nasce come è facile ipotizzare nel comune di San Giuseppe Vesuviano, ma in alcuni conventi: la sua invenzione è riferita sia alle suore di San Gregorio Armeno sia a quelle della Croce di Lucca, sia a quelle dello Splendore, sempre comunque a Napoli. La prima ricetta scritta risale al 1837, nel trattato di cucina napoletana di Ippolito Cavalcanti . Nel solco della tradizione, infine, il 19 marzo si è sempre festeggiato la fine dell’inverno e durante i cosiddetti “riti di purificazione agraria” vengono accesi in molti paesi del meridione dei grandi falò, e preparate grosse quantità di frittelle. Per concludere, un tempo a San Giuseppe, patrono dei falegnami, si festeggiava la loro festa e venivano messi in vendita tutti i tipi di giocattoli di legno. Tutti i bambini ne riceveva in dono dai genitori qualcuno. Oggi invece, dal 1968, da quando cioè il giorno di San Giuseppe è stato decretato festa del Papà, il 19 marzo sono i figli a fare regali ai padri.