Dopo il recente sequestro di 22 pozzi nell’area dell’ex stabilimento della Nokia Solution and Network Spa a Marcianise su richiesta del Gip del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, sulla base delle relazioni tecniche dell’Arpac che denunciano l’alto tasso di contaminazione delle acque per la presenza di solventi organici aromatici ed idrocarburi clorurati, abbiamo chiesto al dott. Vincenzo Letizia che ha studiato la cancerogenicità del tetracloroetilene, nelle vesti di specialista in Medicina del Lavoro, di delucidarci su una questione di scottante e drammatica attualità.
Cosa sono la trielina (tricloroetilene) ed il percloroetilene (tetracloroetilene)?
Il tetracloroetilene è un prodotto chimico creato dall’uomo, noto anche come percloroetilene (PCE ) e tetracloroetene. Si presenta come un liquido chiaro, non infiammabile a temperatura ambiente. Per le sue proprietà di ottimo solvente, è ampiamente utilizzato per la pulizia a secco di tessuti, per lo sgrassaggio dei metalli, piastre elettroniche e in numerosi processi chimici-industriali. Le sue caratteristiche principali sono la densità nettamente maggiore dell’acqua, la limitata solubilità in acqua e l’elevata volatilità. Per queste caratteristiche nel suolo e sottosuolo è spesso presente in fase separata immiscibile, nota in letteratura come “Fase Densa Non Acquosa” (DNAPL). Qualora sversato sul suolo, si infiltra nel terreno e migra verticalmente all’interno della falda fino a raggiungere una zona impermeabile sulla quale si stratifica.
Il tetracloroetilene è scarsamente degradabile, tuttavia in particolari condizioni e in tempi molto lunghi può progressivamente decomporsi in composti a più basso numero di atomi di cloro, dando luogo pertanto a tricloroetilene, 1,2-dicloroetilene, cloruro di vinile (composto cancerogeno, più pericoloso del prodotto di partenza!!) ed infine etilene. In Italia la legge considera i rifiuti contenenti tetracloroetilene come rifiuti pericolosi, pertanto tali rifiuti non vanno smaltiti in fognatura.
Perché si trovano nell’acqua?
Sono presenti nell’acqua per la contaminazione del terreno e del sottosuolo, causata da pratiche industriali non corrette, quali lo scarico in pozzi perdenti o fognature, sversamento illecito di rifiuti
La loro elevata volatilità fa si che possano contaminare le acque superficiali essenzialmente in prossimità dei siti di sversamento e che, nella zona insatura del suolo, tendano a ripartirsi negli interstizi occupati dalla fase gassosa. Più facilmente, però, essi interessano le falde acquifere, in quanto la loro densità, più alta di quella dell’acqua, e la viscosità considerevolmente minore ne favoriscono il movimento verticale verso le falde, dove si depositano in fase separata.
Quali sono i loro effetti sulla salute?
Il tricloroetilene e il tetracloroetilene sono molto volatili e possono essere facilmente assorbiti dall’organismo sia per ingestione che per inalazione. L’esposizione prolungata anche a basse concentrazioni di questi due composti aumenta il rischio di sviluppare tumori o danni al fegato, oltre che al sistema nervoso centrale.
Nel caso di inalazione gli organi colpiti dagli effetti tossici sono il sistema nervoso centrale, il fegato e i reni. Esposizioni inalatorie prolungate o ripetute al PCE possono produrre oltre a infiammazioni della pelle e del tratto respiratorio anche danni al fegato e ai reni e causare l’insorgenza di tumori (come nel caso di esposizione prolungata nei luoghi di lavoro).
Per la valutazione del rischio di insorgenza di tumori nell’uomo, in generale si fa riferimento a quanto viene stabilito dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (AIRC). L’AIRC ha classificato il PCE come “probabile cancerogeno umano”, inserendolo nel Gruppo 2°, che sta a significare che per esso vi sono sufficienti evidenze scientifiche di insorgenza di tumori.
I risultati dei più importanti studi epidemiologici forniscono prove di un’associazione fra esposizione a tetracloroetilene e danni alla salute di tipo cancerogeno in seguito ad ingestione di alimenti e di acqua contaminata: cancro della vescica, linfomi e mieloma multiplo negli adulti, leucemie, tumori renali e testicolari, gliomi cerebrali,epatocarcinomi e adenomi epatici, emangiosarcomi o emangiomi del fegato, della milza e del tessuto sottocutaneo, tutte neoplasie aumentate in modo statisticamente significative sul nostro territorio.
Quali sono le concentrazioni massime ammissibili?
La somma delle concentrazioni delle due sostanze non deve superare i 10 microgrammi/l (millesimi di milligrammo per litro).
Quali interventi di bonifica attuare quando si supera la concentrazione massima ammissibile?
Il biorisanamento rappresenta l’applicazione dei trattamenti biologici alla bonifica di suolo, sottosuolo e acque sotterranee inquinati e, in base alla scala di valutazione riportata dall’ente governativo statunitense per il controllo ambientale, l’Environmental Protection Agency (E.P.A.), è la tecnologia di bonifica più promettente, con basso rischio di effetti secondari nei sistemi ambientali in cui viene applicata.
Con il termine biorisanamento si intende l’insieme delle tecnologie in cui microrganismi naturali, o geneticamente modificati, nonché piante o altri elementi con attività biologica, vengono utilizzati per ridurre la presenza di composti tossici e pericolosi mediante processi condotti in condizioni controllate che portano alla conversione degli inquinanti in sostanze innocue, o quantomeno alla diminuzione della concentrazione della sostanza inquinante, fino al limite consentito dalla legge, sia in sistemi acquatici che terrestri.
Nel caso specifico sul territorio del Comune di Marcianise è ipotizzabile un tale percorso di bonifica innovativo che trova applicazione per tutti i solventi clorurati, tra cui anche il Tricloroetilene, tale processo è definito Biorisanamento anaerobico:
– il processo porta alla completa declorazione del Percloroetilene,Tricloroetilene, Dicloroetilene, Cloruro di Vinile a etilene mediante consorzi di batteri decloranti autoctoni dei generi Dehalococcoides, Geobacter, Desulfuromonas, Dehalobacter, Desulfitobacter, Sulfurospirillum ecc. creando preventivamente le condizioni adatte allo sviluppo dei suddetti consorzi batterici;
-prevede un intervento in situ;
– garantisce possibile intervento a più di 100 metri di profondità e con velocità di falda da pochi centimetri a metri al giorno
Il pump and treat (emungimento e trattamento) invece è un’altra tecnica di bonifica del suolo che consiste nel pompaggio e trattamento in superficie delle acque di falda inquinate. Il processo prevede la creazione di uno sbarramento idraulico, dovuto al pompaggio di acqua dalla falda, ed il successivo trattamento delle acque estratte. L’acqua, in uscita dal processo di trattamento, può essere riversata in fognatura o in un bacino idrico superficiale. La tecnica di pump and treat è un processo di bonifica on site.
Questo tipo di processo è quello con cui la la Nokia Networks and Solutions s.p.a. (già Siemens Mobile Communications) ha provveduto ad attuare negli anni scorsi con la realizzazione di un ‘barrieramento idraulico’ lungo il margine occidentale dello stabilimento. Purtroppo però nonostante tale intervento abbiamo assistito nei giorni scorsi al sequestro preventivo di vari pozzi, emesso dal gip del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Il provvedimento è scaturito dalla trasmissione alla Procura di alcune relazioni tecniche dell’Arpac effettuate nel secondo semestre del 2014 che segnalavano l’esistenza di fenomeni di contaminazione di prodotti da composti organici clorurati nelle acque sotterranee nella zona Airola del comune di Marcianise, in prossimità dello stabilimento Nokia Networks and Solutions Spa. In particolare, le analisi effettuate dall’Arpac su vari pozzi presenti nella zona evidenziavano la presenza di solventi organici aromatici e idrocarburi clorurati nelle acque di falda molto superiori alla concentrazione soglia di contaminazione, necessariamente riconducibile ad un’origine antropica. Questo significa che è stato necessario grazie all’ARPAC verificare se la contaminazione si fosse propagata dallo stabilimento a valle idrogeologica nel periodo delle realizzazione della barriera e si è accertata la possibile migrazione della contaminazione della falda per una lunghezza di circa 15 km attraverso i comuni da Gricignano di Aversa fino a Castel Volturno. Gli ulteriori prelievi e analisi di acque nei pozzi hanno confermato la presenza di composti organoclorurati e, in particolare, di tetracloroetilene, in numerosi campioni di acqua prelevata.
Il Dr. Vincenzo Letizia è medico chirurgo specialista in Medicina del Lavo, medico competente aziendale , esperto in Tossicologia industriale a tutela della salute e sicurezza dei lavoratori, docente corsi di formazione sicurezza e primo soccorso aziendale ed effettua viste mediche per la Sorveglianza Sanitaria negli ambienti di lavoro secondo quanto previsto dal D.Lgs. 81/08 e s.m.i.