A me spesso capita di passeggiare per strada, incrociare una persona tatuata e pensare: “Che bel disegno, ne vorrei uno così” oppure “Mamma mia, che tatuaggio orribile!” Che ci piacciano o meno i tatuaggi, nati intorno agli anni 60 con l’intento di assaporare una piccola e eccitante trasgressione, sono diventati un fenomeno di massa. Oggi sulla schiena, sulle braccia, sulle caviglie e addirittura in faccia alle volte, ve ne sono di ogni forma e dimensione, spaventosi o romantici, minimal o ricchi di colori. Ma vi siete mai chiesti qual è il significato originario dei tatuaggi e quali ragioni psicologiche stanno dietro alla scelta di tatuarsi? La parola tatuaggio viene dal polinesiano tattaw, che vuol dire “incidere, decorare”. L’origine del termine è dovuto a James Cook che contribuì alla rinascita del tatuaggio in ambito occidentale. Nel 1771, di ritorno da uno dei viaggi nei Mari del Sud, l’esploratore, oltre a riportare un uomo completamente ricoperto di quegli strani segni, introduceva nei dizionari dell’epoca anche la parola tattoo, mutuandola dal polinesiano tattaw, a sua volta germinato per associazione onomatopeica con il ticchettio “ta ta ta” delle bacchette adoperate dagli indigeni per tatuare. Il tatuaggio, però, è ormai provato ha origini molto antiche ed è stato impiegato presso moltissime culture sia antiche che contemporanee, come una sorta di carta d’identità o un rito di passaggio, ad esempio, all’età adulta. Incidersi dei segni sul corpo serviva a comunicare che si era un re, un nobile, un valoroso, un guerriero, oppure uno schiavo o un delinquente, o che si apparteneva a una setta religiosa, a un esercito, a un gruppo politico, a un movimenti culturale e così via. Nella realtà odierna, invece, cosa spinge una persona a decidere di farsi disegnare sul proprio corpo qualcosa di indelebile e che quindi rimarrà impresso per sempre sulle proprie membra? Il tatuaggio è un modo per dar parola, senza l’uso della voce, ad una storia (cambiamenti, amori nati, storie finite, obiettivi conquistati, conquiste raggiunte, speranze, lezioni di vita, desideri, memorie, persone). La scelta del disegno e della zona da tatuare non è mai neutra, ma rimanda al mondo dei simboli e fa emergere quello che è nascosto all’interno dell’individuo, il suo vero carattere. Tatuarsi la parte sinistra del corpo, che per la psicoanalisi rappresenta il passato, è tipico delle persone pessimiste, con poca fiducia in se stesse. La destra, invece, legata al futuro denota un carattere solare, aperto ai cambiamenti, ma ben ancorato alla realtà. Tatuarsi il tronco denota concretezza e capacità decisionali. Se la scelta cade sulle braccia, significa che l’individuo sta attraversando una fase di lenta maturazione. Mentre le persone infantili e poco riflessive preferiranno le gambe. Se il tatuaggio si trova in una parte anatomica normalmente nascosta come l’ombelico, l’interno cosce, la persona è timida e insicura, con forte senso di inferiorità. La caviglia è la zona preferita dalle donne sospettose e gelose, ma anche molto femminili e dagli uomini competitivi e battaglieri. Tatuarsi le zone genitali, infine, assume significati opposti per uomini e donne. Combattive, autonome e sensuali queste ultime. Maldestri e passivi i primi. Importante è anche che tipo di soggetto si decide di imprimere per sempre sulla propria pelle. Solitamente le donne preferiscono soggetti piccoli come farfalle, fiori, delfini, luna, sole, stelle, ecc., mentre gli uomini scelgono maggiormente animali che denotano grande forza come leoni, draghi, oppure guerrieri, vichinghi, disegni celtici, anche in formato piuttosto grande rispetto alle dimensioni predilette dalle donne, come a voler acquisire la forza e il potere del soggetto impresso sulla pelle. Soggetti che invece piacciono sia agli uomini che alle donne sono temi astratti come i disegni tribali. Chi sceglie il tatuaggio tribale è una persona che vuole mettere in risalto la propria individualità rispetto alla massa. Alcuni si fanno imprimere sulla pelle frasi particolarmente significative (anche intere poesie) che diventano un motto per la vita; altri scelgono gli ideogrammi giapponesi. Chi sceglie di tatuarsi scritte in giapponese o poesie in varie lingue è un esteta ed ha un gusto raffinato. (Tratto da psicologia del tatuaggio di M. Cannavicci)
Fonti: focus.it, Psicoadvisor