Negli ultimi giorni si dibatte animosamente in ambito politico e culturale se narrare con parole e immagini la grave malattia di un bimbo sia raffigurazione strumentale del dolore, morbosità oppure racconto del presente e interesse alla vita. Tralasciando considerazioni e implicazioni di carattere politico perché non credo che esistano al mondo persone talmente misere da porre la sofferenza di un bimbo sulla bilancia dei voti, vi dico come la penso in seguito ad una tragedia vissuta in prima persona . Più di 10 anni fa ho perso una parte del mio cuore a causa dell’avidità umana, sostanzialmente per la produzione di qualche pacco di pasta in più . Quel giorno, solo per un puro caso, non accesi Internet e non guardai la tv, altrimenti