Ho sempre pensato che la conoscenza sia un universo da esplorare giorno dopo giorno e che i tuttologi, i saputelli da tastiera siano da commiserare. Ogni giorno c’è sempre qualcosa da imparare che allarga il nostro orizzonte mentale e ci rende più consapevoli di noi stessi, degli altri, del mondo che ci circonda. Partendo da questa convinzione, ho sempre avuto come faro di vita il “So di non sapere” socratico, ed anche in questa buia e tempestosa campagna elettorale, mi è stato di aiuto e riferimento durante la difficile navigazione. Mi è spesso capitato di imbattermi in situazioni, eventi, termini che hanno fatto traballare le mie conoscenze e piacevolmente costretto a mettermi in discussione, ad appurare se il mio sapere fosse adeguato o deficitario. Da ultimo, ad esempio, son andato in crisi ogni qualvolta, in campagna elettorale, si gridava a squarciagola o si sbandierava con inusitata passione i concetti di democrazia, libertà di espressione, rispetto delle idee. Non so perché, ma un brivido mi attraversava la schiena, la mia mente andava al discorso di Pericle agli Ateniesi sulla democrazia, alla Resistenza, alla lotta contro i totalitarismi dei paesi sovietici, alla Primavera araba e la confusione più totale prendeva il sopravvento. Voli pindarici o semplici masturbazioni intellettuali? Francamente non riuscivo a distinguerlo, lasciando a voi ogni valutazione. Vi dico solo che ero in preda ad una serie di dubbi, da sciogliere il prima possibile: “Che attinenza possono avere concetti così intensi ed elevati con una dimensione politica rispettabilissima, ma pur sempre ridotta, come quella di Marcianise? Forse alla mia veneranda età, non ho capito un cavolo di democrazia e libertà”? Tralascio la disputa squisitamente politica o meglio interna al Pd perché ritengo che ci siano stati errori da entrambi i lati, che non sto qui a sottolineare, al fine di non influenzare minimamente il voto. Saranno oggetto di una mia attenta e spero costruttiva valutazione dopo l’esito del ballottaggio. Fatta questa necessaria premessa, per fugare ogni mio dubbio, non mi restava altro che mettere al confronto il mio modo di intendere e praticare la democrazia, la libertà e il rispetto per ogni idea, posizione, atteggiamento altrui e quello degli attori, supporter, staff di questa vergognosa e imbarazzante competizione elettorale. Facendo il rendiconto, ho dovuto amaramente constatare che mentre il sottoscritto, indipendentemente dal colore politico o dalla propria vicinanza al progetto di Antonello Velardi, peraltro mai celata in pubblico e in privato, dava spazio a tutti, anche a chi come l’amico Giovanni Russo (via) criticava in modo forte, onesto e limpido una mia analisi (via) sulla strategia e la comunicazione dei candidati a sindaco, mi pervenivano dai discorsi tra comari di cortile, pardon, comitati elettorali, e sulle chat di alcuni gruppi politici, aggettivazioni che fanno di gran lunga più male alla democrazia e alla libertà di espressione che a me: ”falso moralista”, “pezzo di merda”, “cacca”, “uno che venderebbe anche la mamma per un click”, “ipocrita”, “approfittatore”, “venduto“, “bugiardo”, “gossiparo” e ne tralascio altri per una questione di buon gusto. Tutto questo bel vedere e sentire indigna certamente, ma solo per pochi attimi la rabbia e la tristezza la fanno da padrone perché:
1) Come ho ribadito in varie occasioni: ”Dinanzi al tribunale della mia coscienza mi siedo e ascolto, dinanzi alla reputazione degli altri alzo i tacchi e vado via”;
2) Chi non ha il coraggio di sostenere le proprie idee e convinzioni a viso aperto, si qualifica da sé;
3) Un giornalista degno di questo nome, a mio modesto parere, non può avere solo amici.
Sarei tentato di chiedervi venia per i suindicati chiarimenti che apparentemente assumono i contorni di uno sfogo personale, ma non lo farò perché desidero lanciare un preciso messaggio che travalica i confini della mia persona e nello specifico degli infelici complimenti rivoltimi da falsi adulatori, unicamente innamorati di sé e del potere. La sparo grossa, ma credetemi ne sono convinto: Marcianise, più che di un buon sindaco, ha bisogno di capire chi è e dove vuol andare, di una classe politica forte e coerente, di meno cortigiani, di cittadini che non delegano e poi si abbandonano alle lamentele, ma partecipano attivamente alla vita amministrativa e protestano energicamente quando è leso il loro sacrosanto diritto a vivere in una città normale.
Buona scelta a tutti!